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La bolla e “the Donald”: quando la Rete si mette a ragionare

Rete di contatti

Due questioni separate da un oceano, prive di connessioni fra loro eppure legate da una considerazione: il comportamento umano si conferma di ordine superiore e imprevedibile rispetto alle previsioni di condizionamento e contagia anche la rete.

Un lavoro pubblicato di recente da un gruppo di studiosi di cui fa parte Walter Quattrociocchi, docente all’Università Ca’ Foscari di Venezia, evidenzia, attraverso l’analisi dei flussi di informazione su Twitter, che il temuto fenomeno delle fake news ha avuto influenza estremamente limitata sulla campagna per le ultime elezioni Europee.

Dall’altro versante dell’Atlantico, il giornalista Charles Davies, bestia nera del presidente Donald Trump, enuncia nel suo libro “Getting Trump: how the media is hurting itself chasing the Donald” la teoria in base alla quale proprio i media, con la loro pervicacia nell’attaccarlo su ogni fronte, hanno creato il fenomeno Trump.

Ecco i particolari. Lo studio “The Limited Reach of Fake News on Twitter during 2019 European Elections”, realizzato dal gruppo formato da Matteo Cinelli, Stefano Cresci, Alessandro Galeazzi, Walter Quattrociocchi e Matteo Tesconi, pubblicato nell’area Computer Science del sito della Cornell University di New York (qui il link alla ricerca completa), mette in evidenza il ruolo assai limitato svolto dai punti di disinformazione in rete operanti attraverso account Twitter.

L’analisi ha preso in esame 400.000 tweet pubblicati fra il 23 e il 26 maggio 2019 da 863 account con ruoli diversi nella società pubblica, concludendo che non c’è stato nelle ultime elezioni europee quell’impatto provocato dalla diffusione di contenuti disintermediati che era stato ingrandito nel caso della primavera araba o fortemente criticato alla Brexit e alle elezioni americane del 2016Nell’abstract del lavoro, si legge che non è stata trovata “alcuna prova di una rete organizzata di account volta a diffondere disinformazione. Invece, i punti di disinformazione sono in gran parte ignorati dagli altri attori e quindi svolgono un ruolo periferico nelle discussioni politiche online”.

Prendendo spunto dalla citazione fatta dagli studiosi italiani delle ultime elezioni presidenziali, si arriva degli Usa: dove l’armata dei “twitters”, che hanno rilanciato le comunicazioni del candidato repubblicano, secondo la ricostruzione del giornalista e scrittore Davies, in realtà sono frutto di una reazione determinata dall’ossessione dei media mainstream contro l’avversario di Hillary Clinton.

La campagna elettorale di Trump in un primo momento è stata inquadrata dai media come una missione impossibile, “a joke”, uno scherzo, come sostiene Davies. I media e gli opinion leader aspettavano solo che la sua corsa finisse, ma quando ha poi ottenuto la nomination del partito repubblicano e si è palesato il rischio che il protagonista televisivo de “The Apprentice” potesse davvero farcela, hanno cominciato a caricarlo a testa bassa. Trump ha giocato da maestro le sue carte mediatiche, sfruttando la copertura negativa riservata da giornali e tv ad ogni suo provocatorio e originale tweet, di fatto amplificandone la portata e riempiendo la scena mediatica con la sua presenza. Ed ecco quindi che i media si sono fatti male da soli inseguendo “the Donald”, come recita il titolo del libro (qui l’estratto): hanno rivolto ogni loro attenzione all’obiettivo di abbatterlo e, per il candidato repubblicano, nulla è stato meglio di questo assalto.

Queste vicende per noi italiani sono lontane solo in apparenza. Devono far riflettere su due fenomeni, fra loro complementari: la bolla della rete nella quale finiscono per rinchiudersi, rimpallandosela a vicenda, coloro che alimentano una fake news; e l’effetto contrario, come l’eccesso di antibiotici sviluppa la resistenza nei batteri attaccati, che scaturisce dal martellamento dei media contro un determinato soggetto, fino a renderlo protagonista invincibile. In epoca di movimenti che, in casa nostra, nascono contro qualcuno e non per portare avanti un’idea, una riflessione su questi fenomeni ci vuole.